Il fegato grasso non-alcolico colpisce il 17%-33% degli abitanti degli Stati Uniti.
Un terzo dei disordini del fegato grasso non-alcolico è rappresentato da steatoepatite non-alcolica.
L’attività della steatoepatite, ed altri fattori tra cui l’età, predispongono allo sviluppo di cirrosi, che presenta una mortalità a 7-10 anni del 12-25%.
Molti casi di cirrosi criptogenica sono probabilmente steatoepatiti allo stadio terminale.
Il fegato grasso non-alcolico e la steatoepatite non-alcolica sono associati ad ipernutrizione e a ridotta attività fisica, alla resistenza all’insulina e a fattori genetici.
La lipotossicità, lo stress ossidativo, le citochine ed altri mediatori proinfiammatori possono svolgere un ruolo nella transizione da steatosi a steatoepatite non alcolica.
L’attuale gold standard nel trattamento della steatoepatite non-alcolica è la riduzione di peso, in modo particolare dell’obesità addominale, raggiunta associando ad un’aumentata attività fisica misure dietetiche.
I cambiamenti dello stile di vita possono migliorare la resistenza all’insulina e revertire la steatosi, il danno epatocellulare, l’infiammazione e la fibrosi.
Negli studi clinici si è osservato un effetto favorevole sulla steatoepatite non-alcolica degli agonisti PPAR-gamma.
Tuttavia, questi farmaci possono migliorare la malattia epatica, ma, per contro, possono peggiorare l’obesità. ( Xagena2006 )
Farrell GC, Larter CZ, Hepatology 2006; 43: S99-S112
Gastro2006