Le statine appaiono ridurre il rischio di mortalità nei pazienti con carcinoma epatocellulare.
In una coorte di pazienti con carcinoma epatocellulare, coloro che fanno uso delle statine ( anche note come inibitori della HMG-CoA reduttasi ) in aggiunta alla terapia locale o sistemica, o alla resezione chirurgica, hanno presentato una riduzione del 30% della mortalità rispetto a coloro che non hanno assunto questi farmaci ( hazard ratio, HR=0.7 ).
L’effetto positivo sulla sopravvivenza globale è rimasto significativo anche dopo aggiustamento per età, sesso, razza, stadiazione, storia di epatite B e C, cirrosi epatica, terapia, consumo di alcol, e diabete mellito ( aHR=0.7 ).
L’effetto delle statine sul epatocarcinoma è stato valutato in 644 pazienti oncologici nell’arco di 10 anni ( 2000-2011 ).
Il campione preso in esame comprendeva 68 utilizzatori di statine e 571 non-utilizzatori, prevalentemente di razza bianca ( rispettivamente: 69.1% e 65% ), di sesso maschile ( 77.9% e 72.9% ).
Il 70.7% dei pazienti presentava la malattia allo stadio TNM III-IV e nel 52.6% non c’era evidenza di infezione da virus dell’epatite B ( HBV ) o dell’epatite C ( HCV ).
La terapia locale e sistemica è stata praticata sull’81.7% dei pazienti, mentre il 18.3% è stato sottoposto a resezione chirurgica.
La sopravvivenza mediana globale è risultata più alta tra coloro che avevano fatto uso di statine ( 25.4 versus 18.5 mesi; p=0.04 ).
Tra i pazienti senza cirrosi, le statine erano associate a una riduzione del 40% ( HR=0.60, P=0.04 ).
La storia di epatite, l’età, il sesso, la razza, la stadiazione, il tipo di trattamento, il consumo di alcol, o il diabete mellito, non hanno influenzato gli esiti. ( Xagena2013 )
Fonte: Gastrointestinal Cancers Symposium, 2013
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