Il trattamento della colestasi intraepatica nel corso della gravidanza con Acido Ursodesossicolico ( Ursacol ) appare promettente, ma i dati sono limitati.
L’obiettivo dello studio randomizzato è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza dell’Acido Ursodesossicolico rispetto alla Colestiramina.
Ottantaquattro pazienti con colestasi intraepatica sintomatica nel corso della gravidanza sono state assegnate in modo casuale a ricevere Acido Ursodesossicolico ( 8-10mg/kg per die; n = 42 ) oppure Colestiramina ( 8mg/die; n = 42 ), per 14 giorni.
L’endpoint primario era rappresentato da una riduzione del prurito superiore al 50% dopo 14 giorni di trattamento.
L’endpoint secondario, invece, comprendeva: outcome ( esito ) della gravidanza, riduzione delle attività plasmatiche dell’aminotransferasi e dei livelli plasmatici degli acidi biliari. e la sicurezza dei farmaci.
Gli Autori hanno applicato l’analisi intention-to-treat.
Il prurito è risultato più efficacemente ridotto dall’Acido Ursodesossicolico che non dalla Colestiramina ( 66.6% versus 19%, rispettivamente; p < 0.005 ).
Il parto è avvenuto più vicino al termine naturale tra le donne trattate con Acido Ursodesossicolico che tra le donne del gruppo Colestiramina ( 38.7 settimane versus 37.4 settimane, rispettivamente; p < 0.05 ).
Le attività plasmatche dell’alanina aminotransferasi ( ALT ) e dell’aspartato aminotransferasi ( AST ) sono risultate sensibilmente ridotte del 78.5% e del 73.8%, rispettivamente, dopo Acido Ursodesossicolico, ma ridotte solamente del 21.4% per ciascuno dopo terapia con Colestiramina ( p < 0.01 versus Acido Ursodesossicolico ).
I livelli plasmatici degli acidi biliari endogeni si sono ridotti del 59.5% e del 19%, rispettivamente ( p < 0.02 ).
L’Acido Ursodesossicolico, ma non la Colestiramina, non ha causato effetti indesiderati.
I dati dello studio hanno dimostrato che l’Acido Ursodesossicolico è più sicuro e più efficace rispetto alla Colestiramina nella colestasi intraepatica in corso di gravidanza. ( Xagena2005 )
Kondrackiene J et al, Gastroenterology 2005; 129: 894-901
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