L’epatite C cronica è una malattia del fegato causata dal virus dell’epatite C ( HCV ).
L’infezione virale si trasmette generalmente dal contatto tra sangue e sangue.
Prima del 1991 alcune infezione sono avvenute attraverso le trasfusioni di sangue , e prima del 1985 anche attraverso gli emoderivati.
L’infezione da virus dell’epatite C può anche essere trasmessa attraverso lo scambio di siringhe tra coloro che fanno uso di droghe per via iniettiva.
Un piccolo rischio di trasmissione dell’infezione è anche associato al “ tattoo ��?, all’elettrolisi, al “piercing��? all’orecchio, e all’agopuntura.
La trasmissione può anche avvenire per via sessuale.
La percentuale di trasmissione da madre con infezione a figlio è di circa il 6%.
La concomitante infezione con virus HIV può aumentare il rischio di trasmissione.
Spesso le persone infettate dal virus HCV rimangono asintomatiche.
L’epatite acuta si sviluppa in circa il 20% dei pazienti infettati e si manifesta con malessere, debolezza ed anoressia.
La maggior parte dei pazienti che contraggono l’infezione da HCV non riescono ad eliminare il virus e sviluppano nel tempo epatite C cronica.
La progressione della malattia avviene nell’arco di 20-50 anni.
Il 5-30% circa delle persone infettate con HCV sviluppa cirrosi entro 20 anni, ed una piccola percentuale di questi sono ad alto rischio di carcinoma epatocellulare.
Sono stati identificati 6 principali genotipi del virus dell’epatite C.
Le risposte al trattamento farmacologico variano al variare dei genotipi.
Poiché non è possibile misurare l’efficacia del trattamento nel ridurre la progressione a cirrosi e a carcinoma epatocellulare, negli studi clinici vengono impiegati 3 marker:
- istologia epatica
- livelli di HCV-RNA ( acido ribonucleico di HCV)
- livelli di ALT ( alamin aminotransferasi )
Lo scopo primario del trattamento dell’epatite C cronica è l’eliminazione del virus dell’epatite C , definita come HCV-RNA non rintracciabile nel sangue per almeno 6 mesi dopo cessazione della terapia.
L’attuale trattamento standard dell’infezione cronica da HCV , moderata-grave, è rappresentato dalla combinazione Interferone-alfa e Ribavirina, con l’eccezione delle persone che non possono tollerare la Ribavirina.
L’Interferone-alfa è eliminato dall’organismo rapidamente, a causa della sua breve emivita ( 4 ore ).
Per garantire l’efficacia nei confronti del virus HCV il farmaco deve essere somministrato per almeno 3 giorni a settimana.
La durata del trattamento in monoterapia è di 48 settimane.
Più della metà dei pazienti che rispondono al trattamento in monoterapia recidivano entro 6 mesi dalla cessazione della terapia.
La maggior parte di coloro in cui HCV-RNA non è rintracciabile dopo 6 mesi, presentano un lungo periodo ( 6 anni ) privo di recidive.
L’Interferone-alfa è somministrato , generalmente , al dosaggio di 3 milioni di unità, 3 volte a settimana mediante iniezione sottocutanea .
Di norma la risposta all’Interferone si ha dopo 12-16 settimane di trattamento.
La terapia con Interferone-alfa non è ben tollerata nella maggior parte dei pazienti.
Dopo ogni iniezione sono comuni sintomi simil-influenzali; circa la metà delle persone presenta debolezza, cefalea, piressia , mialgia, insonnia e/o nausea; circa ¼ soffre di perdita di capelli, artralgia, brividi, irritabilità, prurito, depressione, dermatite e/o riduzione dell’appetito.
L’incidenza dei pazienti che sospendono il trattamento ( dropout ) varia dal 7 al 14%.
Studi clinici hanno dimostrato che l’aggiunta di Ribavirina all’Interferone-alfa ha un effetto “enhancer��? ( favorente ).
La Ribavirina, che da sola non ha alcun effetto sull’HCV, è un analogo nucleosidico con ampio spettro di attività contro i virus ad RNA.
La Ribavirina è somministrata per os. Il dosaggio varia in base al peso del paziente.
I pazienti trattati con Ribavirina devono essere monitorati con continuità per la possibile insorgenza di anemia emolitica.
La Ribavirina è controindicata in gravidanza e nelle donne che allattano, nei pazienti con gravi condizioni debilitanti, nelle emoglobinopatie ed in presenza di malattie autoimmuni o gravi condizioni psichiatriche.
Gli effetti indesiderati della terapia di combinazione sono simili nel tipo e nella frequenza a quelli della monoterapia con Interferone-alfa e comprendono: sintomi simil-influenzali ( debolezza, cefalea e febbre ) , alterazioni dei parametri ematologici ( riduzione dei neutrofili, dei linfociti e della conta piastrinica ), disturbi gastrointestinali ( anoressia e nausea ), disturbi dermatologici ( alopecia ) , e disturbi psichiatrici ( depressione, ansia ).
L’interruzione del trattamento a causa degli effetti indesiderati è più frequente ( 10-20% ) nella terapia di combinazione che nella monoterapia.
La durata del trattamento con la terapia di combinazione è di 24 settimane per le persone infettate con genotipi 2/3 e di 48 settimane per coloro che sono infettati con genotipo 1 di HCV.
I fattori che influenzano l’efficacia del trattamento di combinazione sono:
- genotipo del virus
- carica virale
- età
- periodo tra infezione e trattamento
- peso corporeo
- fibrosi e cirrosi epatica
- livelli di ALT prima del trattamento
- razza
- genere
Per prolungare l’emivita dell’Interferone –alfa , l’Interferone è stato sottoposto a pegilazione.
Il PegInterferone alfa –2a presenta una catena di polietilenglicole ( Peg ) di 40 kD attaccata con legame stabile all’Interferone.
L’emivita del PegInterferone alfa-2a è di 50-130 ore.
Il PegInterferone alfa-2b ha una catena di polietilenglicole ( Peg ) di 12 kD attaccata con legame instabile all’Interferone-alfa.
Successivamente il legame instabile si rompe e c’è rilascio di Interferone alfa-2b.
L’emivita del PegInterferone alfa-2b è di 40 ore. ( Xagena2003 )
Fonte: NICE, 2003
Gastro2003 Farma2003