Il termine crioglobulinemia si riferisce alla presenza nel siero di immunoglobuline singole o miste che precipitano a una temperatura inferiore a 37 °C e si ridissolvono a temperature più alte. Questo fenomeno in vitro può essere osservato in un ampio spettro di disordini ematologici, infettivi, e immuno-reumatologici.
Le crioglobuline sono classificate in 3 sottogruppi sulla base della composizione immunochimica.
a) La crioglobulinemia di tipo 1 è composta da una singola immunoglobulina monoclonale, generalmente IgM.
La crioglubulinemia di tipo 1 ha un’incidenza del 10-15% tra i pazienti con crioglobulinemia. È principalmente riscontrata nei pazienti con disordini linfoproliferativi ( immunocitoma, macroglobulinemia di Waldenstrom, mieloma multiplo ).
La crioglobulinemia monoclonale è frequentemente asintomatica; quando presenti le manifestazioni cliniche sono rappresentate da disturbi emoreologici e comprendono acrocianosi, fenomeno di Raynaud e cancrena.
b) La crioglobulinemia di tipo II e quella di tipo III sono complessi immuni, composti da IgG policlonali e IgM monoclonali e policlonali, rispettivamente.
La crioglobulinemia mista di tipo II ha un’incidenza del 50-60% tra i pazienti con crioglobuline. La crioglobulinemia mista di tipo III ha invece un’incidenza compresa del 30-40% tra i pazienti con crioglobulinemia.
I tipi II e III della crioglobulinemia mista possono essere associati a differenti malattie infettive, immunologiche e neoplastiche.
La sindrome clinica della crioglobulinemia mista è caratterizzata da una vasculite sistemica che coinvolge generalmente i piccoli vasi, che vengono danneggiati dalla deposizione dei complessi immuni sulle loro pareti con attivazione della cascata del complemento.
Crioglobulinemia mista di tipo II
A partire dal 1990 è stata dimostrata una forte associazione tra il virus dell’epatite C ( HCV ) e la crioglobulinemia mista. Prima della scoperta del virus HCV, la crioglobulinemiamista, senza un’apparente malattia sottostante, era definita come crioglobulinemia mista essenziale.
La prevalenza dell’infezione da HCV nei pazienti con crioglobulinemia mista varia geograficamente, con alti valori ( 90% ) nell’area del Mediterraneo.
La crioglobulinemia mista è stata trovata nel 30-50% dei pazienti con infezione cronica da HCV, con solo il 10-15% di loro che sviluppa sintomi clinici di crioglobulinemia mista.
Un ruolo causativo del virus dell’epatite B ( HBV ) nella crioglobulinemia mista è stato riscontrato in meno del 5% dei pazienti.
La prevalenza generale di crioglobulinemia mista non è ancora ben definita da adeguati studi epidemiologici.
Le principali caratteristiche cliniche della crioglobulinemia mista sono porpora, artralgie, debolezza.
Nel 50% dei pazienti, la crioglobulinemia mista si comporta come una malattia lentamente progressiva. Un terzo dei pazienti ha un decorso moderato-grave con prognosi non-favorevole a causa dell’insufficienza renale ed epatica. L’età avanzata, il sesso maschile, e il coinvolgimento renale sono riportati essere i più importanti fattori che possono incidere negativamente sulla sopravvivenza.
Sintomi cutanei
La porpora ortostatica è la più comune manifestazione clinica ( 90% dei casi ). Le lesioni vasculitiche della cute, generalmente iniziano dalle gambe, possono essere complicate da ulcere nel 10% dei pazienti al momento della diagnosi. È tipica l’iperpigmentazione della cute delle gambe dopo ripetuti episodi.
Sintomi correlati al fenomeno di Raynaud, con o senza cancrena digitale, sono osservati in circa un terzo dei pazienti.
La vasculite diffusa è una rara manifestazione clinica definita come un coinvolgimento vasculitico esteso della cute e di 2 o più organi viscerali ( rene, intestino, polmone, sistema nervoso centrale ).
Manifestazioni reumatologiche
I pazienti con crioglobulinemia mista comunemente riportano poliartralgie. Possono presentarsi mialgie, mentre i segni clinici dell’artrite sono relativamente rari.
Neuropatia periferica
La neuropatia periferica è definita come disturbi dei nervi periferici motori e/o sensitivi. La vasculite dei vasa nervorum è stata proposta come meccanismo patogenetico, così come il diretto danno autoimmune dei nervi.
L’incidenza di neuropatia, soprattutto quella che interessa le gambe con parestesie dolorose e debolezza muscolare può essere superiore al 60%.
Il decorso clinico è progressivo e non trae beneficio dall’aggiunta di Interferone al trattamento steroideo.
Il coinvolgimento del sistema nervoso centrale nei pazienti con crioglobulinemia mista correlata ad HCV è rara. Tuttavia l’alta frequenza di alterazioni della funzione cognitiva e il grado di anormalità riscontrata all’MRI ( risonanza magnetica per immagini ) osservate in questi pazienti stanno a indicare uno specifico coinvolgimento infiammatorio del sistema nervoso centrale nella crioglobulinemia mista.
Coinvolgimento epatico
Poiché l’infezione da HCV è presente in un’ampia proporzione di pazienti con crioglobulinemia mista, il danno epatico è comune in questi pazienti. Infatti, più del 50% dei pazienti mostra segni di epatite cronica lieve-moderata al momento della diagnosi.
Il coinvolgimento epatico è caratterizzato da anormalmente alti livelli degli enzimi epatici con o senza segni ecografici o istologici di epatite cronica, cirrosi o carcinoma epatocellulare.
L’evoluzione tardiva verso la cirrosi avviene nel 25% dei casi.
È stata riscontrata un’associazione significativa tra cirrosi e crioglobulinemia. Le crioglobuline sono un indicatore prognostico per un aumento del rischio di cirrosi nei pazienti con epatite C cronica.
Coinvolgimento renale
Il coinvolgimento renale è clinicamente evidente nel 20-30% dei pazienti con crioglobulinemia mista ed è una maggiore causa di morbilità.
Le caratteristiche distintive della nefropatia crioglobulinemica sono rappresentate da: proteinuria, aumentati livelli di creatinina plasmatica, progressiva insufficienza renale, e glomerulonefrite membranoproliferativa alla biopsia renale.
La glomerulonefrite membranoproliferativa è il tipo predominante di glomerulonefrite causata dall’infezione da HCV in presenza o in assenza di crioglobulinemia.
Sindrome sicca
La sindrome sicca è abbastanza frequente al momento della diagnosi nei pazienti con crioglobulinemia mista ( 30% ).
Nella maggior parte dei casi i segni sierologici e istopatologici tipici della sindrome di Sjogren sono mancanti.
La sindrome sicca è più frequentemente riportata nella crioglobulinemia di tipo II che in quella di tipo III.
Disordini linfoproliferativi a cellule B
Le malattie maligne linfoproliferative sono le neoplasie più prevalenti che si presentano nella crioglobulinemia mista durante il decorso della malattia. Infatti il 5-10% dei pazienti con crioglobulinemia mista sviluppa i sintomi e i segni istologici del linfoma non-Hodgkin ( NHL ). Secondo la classificazione REAL/WHO, i più frequenti sottotipi istologici osservati sono: linfoma linfoplasmatico ( 29% ), linfoma diffuso a grandi cellule B ( 27% ), linfoma follicolare ( 16% ), linfoma della zona marginale ( 10% ), linfoma a cellule del mantello ( 7% ). Questi linfomi sono caratterizzati da un’alta prevalenza di coinvolgimento extranodale, specialmente fegato e ghiandole salivari maggiori. Le cellule infettate da HCV in questi organi possono agire come un serbatoio in grado di stimolare la proliferazione di cellule B.
La casistica della Divisione di Ematologia dell’Ospedale Niguarda di Milano, è composta da 75 pazienti con crioglobulinemia mista correlata ad HCV e seguita per un tempo mediano di 62 mesi ( 12-163 ); di questi il 6,6% ( n= 5 ) ha presentato evoluzione maligna ( 4 a linfomi linfoplasmatici e 1 a leucemia linfocitica cronica ).
Ruolo patogenetico del virus HCV
Patogenesi della crioglobulinemia mista
L’infezione da HCV influenza i meccanismi cruciali del sistema immunitario predisponendo ai disordini autoimmuni e linfoproliferativi.
La crioglobulinemia di tipo II è la principale manifestazione extraepatica dell’infezione da HCV. Le altre manifestazioni comprendono: glomerulonefrite membranoproliferativa, la sindrome sicca, l’artrite reumatoide, l’artrite infiammatoria, la neuropatia periferica e il linfoma non-Hodgkin. Infatti, il virus è in grado di sfuggire all’eliminazione da parte del sistema immunitario causando un’infezione cronica, accumulo di complessi immuni circolanti e fenomeni autoimmuni. Inoltre, il virus HCV stimola la produzione del fattore reumatoide monoclonale.
La produzione di molecole del fattore reumatoide IgM è il più importante evento per il presentarsi di complessi immuni.
I fattori reumatoidi, in condizioni normali, sono molecole coinvolte nella presentazione dell’antigene alle cellule T entro un complesso immune.
Un’ipotesi postulata per la patogenesi della crioglobulinemia mista HCV-correlata è che il virus HCV inizialmente stimola la produzione di IgM senza attività RF ( fattore reumatoide ), la persistente stimolazione antigenica può indurre mutazioni somatiche provocando l’acquisizione dell’attività RF.
HCV mostra un’affinità cellulare per i linfociti. L’interazione tra il virus e i linfociti può avvenire attraverso la proteina del rivestimento virale E2, che si lega a CD81 umano espresso sia dagli epatociti che dai linfociti. L’interazione tra HCV e i linfociti esercita un effetto sulla funzione delle cellule B e può indurre attivazione policlonale ed espansione delle cellule periferiche CD5+. Queste cellule sono considerate la maggior fonte di IgM RF nella crioglobulinemia di tipo III. Tuttavia, RF monoclonale può essere il risultato dell’evoluzione da policlonale a oligoclonale a RF monoclonale; oppure può svilupparsi de novo.
Dopo l’iniziale attenzione, il presentarsi di un singolo clone dominante che produce IgM RF monoclonale può essere un passaggio verso la crioglobulinemia mista di tipo II.
Nel modello proposto, i complessi immuni contengono le proteine core di HCV più specifici IgG anti-core, che sono legati a IgM con attività RF. Questo complesso di ampie dimensioni si lega in modo specifico alle cellule endoteliali attraverso il recettore C1q.
Linfomagenesi
La frequente associazione tra crioglobulinemia mista e infezione da virus dell’epatite C, disordini autoimmuni sistemici ( epatite autoimmune, sindrome sicca, glomerulonefrite, tiroidite ), così come la possibile evoluzione di tutte queste in una neoplasia delle cellule B, sta a indicare l’esistenza di uno stretto legame tra infezione virale, autoimmunità e linfoproliferazione.
Il virus HCV può dar avvio a un processo multistep di linfomagenesi, ma fattori aggiuntivi ( genetici, epigenetici, ambientali, immunologici ) sono probabilmente necessari per l’espansione clonale maligna. HCV può esercitare un effetto inibitorio sull’apoptosi della cellula B attraverso l’iperespressione di bcl-2. Infatti, una prevalenza di riarrangiamento bcl-2 e di traslocazione t ( 14;18 ) è stata riscontrata nei pazienti con crioglobulinemia mista HCV-correlata con o senza linfoma a cellule B. La regressione del linfoma osservata nei pazienti con crioglobulinemia mista guidata dal virus HCV dopo trattamento antivirale, probabilmente riflette la dipendenza del processo patologico dalla stimolazione del virus. ( Xagena2005 )
Fonte: Enrica Morra, Hematology, 2005
Inf2005 Gastro2005 Emo2005 Reuma2005